19 gennaio 2012
Due strane telefonate: storie di vita che rendono felici
Lunedì scorso sono a Milano. Mentre mangio un panino dentro un bar rumoroso del centro, suona il cellulare. “Buongiorno, sono Simone”. “Scusi, Simone chi?“ rispondo frettolosamente. “Sono Simone Farina, il giocatore del Gubbio. La disturbo? Volevo solo ringraziarla per la consegna del Premio che il Csi mi ha dato”. Sino a qui nulla di strano direte voi, ma non è proprio così. Io e Simone non ci siamo mai incontrati né conosciuti. Simone per trovare il mio numero di telefono si è dato da fare. Ha contattato la Presidenza Nazionale, mi ha cercato in ufficio, si è fatto dare il mio numero e infine mi ha raggiunto sul cellulare.
Lunedì scorso sono a Milano. Mentre mangio un panino dentro un bar rumoroso del centro, suona il cellulare. “Buongiorno, sono Simone”. “Scusi, Simone chi?“ rispondo frettolosamente. “Sono Simone Farina, il giocatore del Gubbio. La disturbo? Volevo solo ringraziarla per la consegna del Premio che il Csi mi ha dato”. Sino a qui nulla di strano direte voi, ma non è proprio così. Io e Simone non ci siamo mai incontrati né conosciuti. Simone per trovare il mio numero di telefono si è dato da fare. Ha contattato la Presidenza Nazionale, mi ha cercato in ufficio, si è fatto dare il mio numero e infine mi ha raggiunto sul cellulare. Qualche giorno prima, come sappiamo tutti, in occasione della serata di gala della premiazione del Pallone d’oro Simone aveva ritirato un premio della Fifa dalle mani di Blatter.
Sabato scorso aveva ricevuto il Discobolo d’oro del Csi, e nello stesso giorno gli era stato assegnato anche il cartellino viola della Fiorentina Calcio. Nonostante sia al centro dell’attenzione generale da settimane, Simone evidentemente è rimasto un ragazzo semplice, con i piedi per terra, e sente il bisogno di ringraziare – attraverso di me – tutto il Csi.
Al telefono ci lasciamo con un impegno: «Quanto prima vieni a fare una bella testimonianza ai nostri ragazzi?». La risposta tradisce un certo entusiasmo: «Più che volentieri. Per un giocatore di calcio una delle cose più belle è rendersi utile per i ragazzi ed i giovani». Chiudo la telefonata restando sorpreso e positivamente impressionato. Non è finita. Poche ore dopo il telefono squilla di nuovo. Questa volta a chiamare è Roberto, presidente del G. S. Vittoria, una delle nostre società sportive. «Sai Massimo, devo darti una bella notizia. A Natale di solito la nostra società sportiva faceva un piccolo regalo ai suoi atleti (sciarpa, k-way…).
Quest’anno abbiamo fatto una scelta diversa. Abbiamo saputo della campagna nazionale del Csi a favore di Haiti e ci è venuta un’idea. Insieme ai nostri ragazzi abbiamo scelto di non farci regali tra di noi per farli ai bambini di Haiti. Alla fine abbiamo raccolto più di 2 mila euro. Sei contento, presidente?». Contento? Non è la parola esatta. Stiamo parlando di una società sportiva d’Oratorio. Nessuno le aveva chiesto o proposto di fare una cosa del genere. Non sono solo contento. Sono felice per davvero. Perché raccontare queste due telefonate?
Perché spesso rischiamo di ridurre l’educazione attraverso lo sport a una scienza pedagogica fatta di teorie e modelli buoni per “convegni e dintorni” ma distanti dalla realtà, difficili o impossibili da tradurre in prassi preordinate. L’educazione invece è una scienza pratica fatta di “vita vissuta”, nutrita di concretezza, di piccoli gesti che incarnano grandi valori, di pazienza, di dialogo, di reciprocità, di scoperta quotidiana. Il bello è che la vita della nostra Associazione è piena di “storie di vita quotidiana” che parlano di educazione vera, vissuta, testimoniata con impegno e passione. Il bello è che quando meno te lo aspetti incontri un “Simone o un Roberto“ che – con piccoli gesti – ti dimostrano di essere grandi uomini e buoni maestri per i nostri giovani.
Sabato scorso aveva ricevuto il Discobolo d’oro del Csi, e nello stesso giorno gli era stato assegnato anche il cartellino viola della Fiorentina Calcio. Nonostante sia al centro dell’attenzione generale da settimane, Simone evidentemente è rimasto un ragazzo semplice, con i piedi per terra, e sente il bisogno di ringraziare – attraverso di me – tutto il Csi.
Al telefono ci lasciamo con un impegno: «Quanto prima vieni a fare una bella testimonianza ai nostri ragazzi?». La risposta tradisce un certo entusiasmo: «Più che volentieri. Per un giocatore di calcio una delle cose più belle è rendersi utile per i ragazzi ed i giovani». Chiudo la telefonata restando sorpreso e positivamente impressionato. Non è finita. Poche ore dopo il telefono squilla di nuovo. Questa volta a chiamare è Roberto, presidente del G. S. Vittoria, una delle nostre società sportive. «Sai Massimo, devo darti una bella notizia. A Natale di solito la nostra società sportiva faceva un piccolo regalo ai suoi atleti (sciarpa, k-way…).
Quest’anno abbiamo fatto una scelta diversa. Abbiamo saputo della campagna nazionale del Csi a favore di Haiti e ci è venuta un’idea. Insieme ai nostri ragazzi abbiamo scelto di non farci regali tra di noi per farli ai bambini di Haiti. Alla fine abbiamo raccolto più di 2 mila euro. Sei contento, presidente?». Contento? Non è la parola esatta. Stiamo parlando di una società sportiva d’Oratorio. Nessuno le aveva chiesto o proposto di fare una cosa del genere. Non sono solo contento. Sono felice per davvero. Perché raccontare queste due telefonate?
Perché spesso rischiamo di ridurre l’educazione attraverso lo sport a una scienza pedagogica fatta di teorie e modelli buoni per “convegni e dintorni” ma distanti dalla realtà, difficili o impossibili da tradurre in prassi preordinate. L’educazione invece è una scienza pratica fatta di “vita vissuta”, nutrita di concretezza, di piccoli gesti che incarnano grandi valori, di pazienza, di dialogo, di reciprocità, di scoperta quotidiana. Il bello è che la vita della nostra Associazione è piena di “storie di vita quotidiana” che parlano di educazione vera, vissuta, testimoniata con impegno e passione. Il bello è che quando meno te lo aspetti incontri un “Simone o un Roberto“ che – con piccoli gesti – ti dimostrano di essere grandi uomini e buoni maestri per i nostri giovani.